Immersività e Cinema

Il codice cinematografico, consolidato da grandi registi come Sergej Ėjzenštejn e David Griffith, si basa su una sequenze di inquadrature che corrispondono a diversi obiettivi espressivi.

Il dominio del racconto cinematografico e poi televisivo caratterizza il Novecento, ma comincia ad essere messo in crisi dalla affermazione della Realtà Virtuale negli ultimi decenni, soprattutto attraverso i videogiochi, che diventano la principale industria editoriale. I videogiochi, guidati da una logica spaziale e interattiva, non rispettano il codice del cinema.

The Virtual Reality Cinema ad Amsterdam è stato il primo cinema VR al mondo aperto al pubblico.
The Virtual Reality Cinema ad Amsterdam è stato il primo cinema VR al mondo aperto al pubblico. Photo: VRCinema.

In occasione del Festival di Cannes nell’aprile 2016 Steven Spielberg afferma a The Guardian:

Penso che con la realtà virtuale ci si stia muovendo in un medium pericoloso. L’unica ragione per cui parlo di pericolosità è che siccome dà allo spettatore una grande libertà d’azione, lo spinge a non seguire la direzione proposta dal narratore, ma a prendere le proprie decisioni su dove guardare. Spero solo che questo non ci faccia dimenticare la storia quando verremo avviluppati in un mondo che potremo esplorare in ogni direzione prendendo le nostre decisioni su dove guardare.

L’immersività della realtà virtuale e dei visori come Oculus è molto diversa da quella dell’IMAX o del 3D, proprio perché in questi ultimi casi si tratta solo di porzioni di immagine più ampie o della loro tridimensionalità. Le applicazioni dei nuovi visori di realtà virtuale sono già realtà nell’ambito videoludico, e nel campo cinematografico queste tecnologie vengono utilizzate per motivi promozionali (basti pensare alle ambientazioni di Jakku nell’app di Star Wars – il Risveglio della Forza), ma sempre legati a una certa interattività, elemento che non ha nulla a che fare con il cinema, che propone per sua natura un punto di vista: quello deciso da sceneggiatori e regista. Un video a 360 invece girato e poi lo spettatore può muovere lo sguardo all’interno di ciò che è stato costruito per lui. È il caso del cortometraggio Invasion di Eric Darnell, presentato al Festival di Cannes 2016, un evento che quest’anno ha dato spazio anche alla Realtà Virtuale, o di tanti altri video che trovate su Facebook o YouTube. Ed è quello di cui parla Spielberg.

La realtà virtuale, o meglio i video a 360 gradi, danno allo spettatore la libertà di muovere lo sguardo come preferisce. Una novità che secondo Steven Spielberg metterà in crisi il cinema, perché impedirà agli autori, i registi soprattutto, di raccontare una storia secondo la propria immaginazione. Secondo lui, di perdere l’autorialità del regista, e in senso più ampio di snaturare il cinema. Perché quest’ultimo è fatto di inquadrature, tagli di montaggio, messa in scena. Continua:

Secondo me non è solo un’estensione del cinema. È una cosa a sé stante, e dobbiamo scoprire molto sugli strumenti che offre. Tu sei il cameraman, quindi l’inquadratura è dovunque guardi, è un linguaggio completamente nuovo.

Fare un film come lo intendiamo oggi significa certamente lavorare sull’inquadratura, su ciò che vedrà lo spettatore. Un lavoro che ha permesso a tanti registi di trovare un proprio linguaggio, una propria cifra stilistica, una propria identità artistica. Ci sono elementi del linguaggio registico che più di altri valgono a far emergere l’individualità dell’autore, come ad esempio il piano sequenza, cifra stilistica di molti registi, da Hitchcock a Iñárritu. Lo stesso Iñárritu peraltro proprio ora sta cimentandosi con un film in realtà virtuale. La realtà virtuale può essere davvero una nuova forma espressiva, con nuovi strumenti e nuovi linguaggi. Siamo agli albori di questa nuova tecnica, probabilmente assisteremo per qualche anno a sperimentazioni dal valore squisitamente tecnico, ma arriveremo al periodo di consolidamento della tecnica in cui potranno emergere registi che sapranno trovare una cifra artistica anche con spettatori liberi ed abituati a girare lo sguardo come preferiscono. La loro creatività sarà indirizzata diversamente, certo, ma dovranno continuare a creare una messa in scena, a montare le sequenze, a decidere dove e come posizionare la videocamera, a dirigere gli attori. Almeno per i video a 360°, la realtà virtuale è già una cosa diversa, ma con il potenziale per creare opere d’arte.

Il Cinema tradizionale, della sala buia con il grande schermo, è sicuramente in antitesi con il visore in VR. A lungo termine le tradizionali sale potrebbero chiudere, perché preferiremo tutti la nuova esperienza dell’ambiente immersivo, e come oggi nelle scuole vi è la sala di informatica o la lezione in cui si guarda un film, sono fiduciosa che presto ci saranno anche le Aule Immersive.

Se il cinema, evoluto poi nella TV, è il linguaggio del XX secolo, potrebbe diventare la Realtà Virtuale quello del XXI secolo?

Fonti:
https://thevrcinema.com/
https://www.theguardian.com/
https://lens-immersive.com/
https://www.broadwayworld.com/
https://www.notafraid.com/
https://www.digicult.it/